Non riesco a seguirli sempre tutti, ma l’ultimo keynote di Apple, in apertura della Apple Wordwide Developer Conference 2023, sapevo che non era da perdere e così è stato, perché seguendolo ho avuto davvero la sensazione di essere testimone di un nuovo cambio d’epoca.
Una delle caratteristiche che rendono unica la strategia Apple è quella di arrivare (apparentemente) dopo la concorrenza, preferendo uscire con prodotti unici e al top, anziché inseguire gli altri con lanci di tecnologie intermedie e non veramente definite.
Così è stato anche per Vision Pro, il visore che Apple dopo tanta attesa ha lanciato ieri sera, che sarà commercializzato negli Stati Uniti a inizio 2024 e che arriverà probabilmente poco dopo in Europa.
In primo luogo va specificata una cosa molto rilevante: Apple non lancia dispositivi, inventa nuove ergonomie di utilizzo e nuovi ecosistemi di vita. Fin da subito, e questo già si intuiva dai rumors dei mesi scorsi, hanno compreso che la strategia dei Metaversi era forzata e poco “appealing” (oltre che poco utile). La strada, giustamente, di Apple, non è quella di costruire mondi virtuali e paralleli, da film di videogiochi anni ‘80, ma di integrare la realtà e renderla più interessante con elementi digitali. Con il Vision Pro il proprio ambiente circostante (da cui non si è mai isolati, ma rimane sempre visibile) diventa il proprio ambiente tridimensionale di azione. Improvvisamente le finestre delle applicazioni si collocano in modo incredibilmente realistico nello spazio circostante, consentendo (anche attraverso un’interfaccia controllata completamente dagli occhi e da semplici gesti delle dita) di interagire in modo trasparente sia con oggetti fisici che con oggetti digitali, contemporaneamente.
Come spesso accade per le grandi innovazioni, ritengo che il vero genio di questo prodotto, che tra qualche anno entrerà in modo prepotente nelle nostre vite e nel nostro lavoro, stia proprio in questo nuovo ambiente di realtà aumentata che grazie al Vision Pro si può organizzare e creare, in modo connesso e interattivo, sfruttando e migliorando il proprio contesto reale.
Il mio primo pensiero è stato “già mi ci vedo, con 700 applicazioni aperte intorno… avrò bisogno di una casa più grande o dovrò lavorare in giardino…”, una battuta, di certo, ma che rende l’idea di come immediatamente questa tecnologia dia la sensazione di portare finalmente fuori dallo schermo la propria esistenza digitale e collocarla nella realtà circostante.
Altro elemento fondamentale di questo dispositivo, che è catalogato da Apple come uno “spatial computer”, a tutti gli effetti quindi una nuova famiglia di tecnologie personali, è la centralità della visione e degli occhi (non soltanto per vedere ma anche per comandare) che è certificata dai supporti progettati in collaborazione con Zeiss, che consentiranno di inserire delle lenti oftalmiche correttive personalizzate all’interno del visore stesso. A questo annuncio ho avuto l’insight: questo non è un visore, ma sono i primi veri smart glasses della storia.
Ciò che mi aspetto dagli smart glasses è proprio questo, la possibilità di usufruire di una vera realtà aumentata, ma che sia realtà (quindi non mi chiuda in un metaverso) integrata con le tecnologie che utilizzo attraverso smartphone e Pc.
Grazie al Vision Pro la testa si solleva dal monitor del cellulare e torna a guardare il mondo circostante… con qualcosa in più.
Chiaramente a livello estetico il visore non è paragonabile a un paio d’occhiali, ricorda una bella maschera per immersioni o per lo sci, ma in ogni caso si sono fatti passi da gigante rispetto a tutto ciò che si è visto finora.
Siamo di fronte a un prodotto d’avanguardia tecnologica, dal costo elevato (uscirà sul mercato a 3500 dollari circa) e sicuramente riservato al popolo dei first adopter.
Ma non serve molta fantasia per immaginarsi come questo sia il vero primo passo verso un dispositivo indossabile sul volto, che mentre corregge le ametropie, funziona da computer e da telefono, con tutti i vantaggi di mobilità, comunicazione (immaginate le riunioni, in cui persone collegate in presenza o a distanza saranno praticamente indistinguibili tra loro) e accessibilità.
Anche la produzione dei contenuti, apparentemente molto complessa, è già resa disponibile dal dispositivo stesso, in grado di girare “special video” immersivi, di fatto tridimensionali, che riprodotti con il visore daranno l’esatta percezione di un evento che si sta svolgendo davanti ai propri occhi.
E mentre Apple lancia il prodotto puntando soprattutto su produttività personale, smart working e entertainment (non a caso Disney ha scelto di essere il primo editore a integrare i propri contenuti nel nuovo ecosistema) io non faccio fatica a vedere aprirsi davanti ai miei occhi (letteralmente) opportunità incredibili, nuove frontiere dell’interazione umana, nuove possibilità per coloro che hanno disabilità fisiche, nuove opzioni per la condivisione di informazioni, ricerche, azioni senza limiti di distanza.
Dopo la rivoluzione del personal computer (con il Mac), della musica portatile (con l’iPod), dello smartphone (con l’iPhone), del wereable (con Apple Watch) oggi Apple mette a segno la prossima rivoluzione della percezione, con i primi veri smart glasses, ehm no, pardon, con il primo visore di realtà aumentata e realtà virtuale, che porta il multiverso digitale direttamente all’interno della nostra realtà.
Se non avete visto la diretta del Keynote, vi consiglio di fare un giro sul sito Apple.